Prodotti utilizzati: Dry Kit System - Boiacche Antisaline

Tipologi edificio: Chiesa Parocchiale

Comune di Scorzè – Provincia di Venezia – Località Rio San Martino

Mediante risanamento statico della copertura lignea, risanamento delle murature, ripristino degli intonaci delle superfici esterne.

Progettista e Direttore dei lavori: Arch. Giorgio Sparisi, Piazza Europa Unita 5 – 31033 Castelfranco Veneto (TV).

La Chiesa Parrocchiale di Rio San Martino nel comune di Scorzè (VE) è un edificio storico composito ed eterogeneo, che ha subito nel tempo notevoli trasformazioni. Realizzato nella sua parte originaria nel 1765, esso fu ripetutamente restaurato nel corso del 1800 e consistentemente ampliato nel 1946.

Testimone eloquente del trascorrere del tempo, esso rappresenta a livello locale un monumento architettonico di notevole interesse storico ed artistico. A causa delle vicende costruttive, la chiesa presenta oggi un impianto articolato in due parti: un corpo originario settecentesco costituito dalla navata rettangolare, ed un consistente ampliamento novecentesco rappresentato dalla crociera con brevi transetti, il presbiterio concluso con un’abside semicircolare e le sacrestie.

L’aula ha conservato l’originario impianto tipologico e gli stilemi classici post-palladiani propri dell’architettura chiesastica del Settecento: pianta rettangolare, copertura a “capanna” a due falde, facciata esterna nobilitata da un ordine Corinzio con sovrastante timpano triangolare. Il suo interno è ritmato da un solenne ordine classico di stile Corinzio ed è coperto una soffittatura a volta con specchio centrale piano, affrescato nel 1817-18 dal pittore prof. Giovanni Carlo Bevilacqua.

Nel 1946 l’architetto Vettorazzo prolungò la chiesa oltre il presbiterio, creando una crociera con due transetti sulla quale aprì un nuovo presbiterio tetrastilo concluso nel fondo da una abside semicircolare. Egli cercò di armonizzare, sia dal punto di vista strutturale che da quello stilistico, la nuova aggiunta con l’antico corpo edilizio, adottando all’interno lo stesso ordine classico corinzio dell’antica chiesa, e sviluppando per l’esterno un linguaggio basato su stilemi classici semplificati.

Un aspetto alquanto problematico appare il raccordo tra la nuova e l’antica struttura lignea della copertura. Mentre infatti la copertura dell’aula settecentesca è costituita da un’ordinata serie di 11 capriate “composte” poste parallelamente, la copertura novecentesca della crociera e dei transetti, è composta da un eterogeneo sistema formato da una grande capriata con saettoni a raggiera tra l’edificio antico e quello nuovo, ed un’orditura incrociata di basse capriate e travi con luci molto ampie.

Alle catene delle capriate è appeso un soffitto realizzato con arelle di cannicciato,  intonaco e stucco. L’intonaco di intradosso presenta specchiature centrali piane affrescate in epoche differenti, profilate da un cornicione in cotto e malta.

Prima dell’intervento di restauro il complesso architettonico, pur apparendo nel suo insieme in discreto stato di conservazione, risultava seriamente minacciato in alcune sue parti, soprattutto nella copertura lignea e nella zoccolatura della muratura perimetrale.

La struttura portante del tetto appariva non solo degradata, ma addirittura pericolante: nella porzione antica tutte le teste delle capriate e gli appoggi delle mensole lignee risultavano talmente ammalorati ed aggrediti in profondità da insetti xilofagi da risultare in più parti completamente sfarinati. La struttura novecentesca della crociera e del transetto, risultava a sua volta costituita da un sistema eterogeneo, complicato e sottodimensionato che aveva prodotto scompensi statici anche sulle preesistenti travature.

A peggiorare la situazione, nel 1976 il vecchio manto di copertura in coppi tradizionali venne sostituito con uno nuovo in tegole di cemento, comportando un considerevole aumento del carico che ha contribuito a mettere in sofferenza statica l’intera struttura del tetto con conseguenti deformazioni ed abbassamenti.

Le murature in cotto e gli intonaci rispecchiano nella loro eterogeneità la complessa sedimentazione storica del manufatto. Gli intonaci antichi che meglio si sono conservati sono quelli della facciata principale ad Ovest che, benché danneggiati, hanno mantenuto l’originaria struttura con fondo di cocciopesto e finitura di marmorino. Qui i danni sonno evidenti soprattutto nella fascia basamentale della muratura, dove l’umidità di risalita, con i vistosi e gravi fenomeni di degrado correlati, interessa la facciata per un’altezza di circa ml. 1,50. Lungo il basamento si riscontrano distacchi di intonaco ed ampie porzioni di muratura erosa e sconnessa, guasti che a loro volta favorivano la penetrazione delle acque meteoriche alla base della muratura stessa. La situazione era stata ulteriormente aggravata da acritici interventi di “restauro“ manutentivo fatti in tempi recenti utilizzando incoerenti malte cementizie. L’uso dell’intonaco cementizio ha favorito, anziché arrestare, i fenomeni di risalita dell’umidità, con formazione di efflorescenze saline, solfatazione, degrado e sfarinamento degli intonaci.

L’umidità di risalita, fenomeno di imbibizione dei muri per capillarità, responsabile della corrosione della malta e dei mattoni della parte bassa del muro, interessava non solo la facciata, ma l’intero edificio.

L’intervento di restauro ha comportato una serie differenziata e mirata di operazioni, delle quali la più urgente è stata quella della messa in sicurezza e del risanamento statico della copertura lignea. Ciò ha comportato il ripristino, ed in molti casi la ricostruzione, delle testate delle capriate, il riassetto della funzionalità delle capriate compromesse ed insufficienti, l’inserimento di nuove strutture in legno lamellare, e la posa di  un nuovo pacchetto di copertura con un manto in coppi di laterizio.

Successivamente si è provveduto al restauro conservativo del soffitto affrescato in arelle ed intonaco.

Prima di procedere agli ulteriori interventi sull’edificio, quali il restauro conservativo degli intonaci e dei marmorini o la riparazione degli elementi lapidei danneggiati, si è provveduto ad eliminare una delle maggiori cause del degrado delle murature, mediante la realizzazione di una barriera chimica contro l’umidita’ di risalita.

Alla base della muratura della chiesa è stato realizzato uno sbarramento orizzontale contro l’umidità ascendente, con il procedimento a lenta esecuzione di barriera chimica idrofobizzante tipo DryKit System utilizzando il formulato specifico “TRE 128 Ecologico” a base di microemulsione silossanica in solventi eteropolari idrolizzati.

Si è quindi proceduto al risanamento della zoccolatura mediante  boiacche antisaline di sottofondo sulle murature deumidificate prima di procedere all’applicazione degli intonaci. L’altezza del trattamento del basamento della chiesa è stato di circa un metro nella facciata settecentesca con finitura a marmorino e nelle murature interne, e di altezza di circa cm. 150 in tutte le rimanenti murature esterne.